Un bilancio che sà più di equilibrio
Un bilancio che sà più di equilibrio non è proprio il resoconto di un qualcosa che si possa definire una chiusura. Sempre ammesso che le chiusure siano tali e purtroppo per noi stessi provengono da paure che non siamo in grado di gestire.
Ma la chiusura di un anno, la sua fine non è realmente una fine, è semplicemente un’etichetta -troppe di quelle a cui siamo attenti- che la società ha voluto dare per dare un definito, un punto, un limite dove azzerare tutto e riprendere o -a volte- ricominciare anche.
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Un bilancio che sà più di equilibrio è quel trapezzista ormai abituato a vivere su quel filo invisibile di precarietà che a noi sembra tanto scontato ma che per lui rappresenta una continua lotta, seppur diventato pane per i suoi denti.
Denti che addentano la vita, gli attimi, le giornate e le emozioni sperando che queste possano riempire la vita di soddisfazioni, di serenità, di gioia.
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Spesso mi fermo a ragionare, a dare spazio al mio animo, al mio cuore e alla mia testa; mai che questi ovviamente siano d’accordo ma ormai -dopo qualche anno di vita- nemmeno ci spero che lo siano, anzi, direi che il fatto che siano in disaccordo è quanto meno una forza, un modo per avere più prospettive da accettare e valutare.
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Non so se mi ritengo soddisfatto o meno di quello che ho fatto e di quello che mi è capitato sino ad ora, una cosa che è certa è che sono quel tipo di persona che non si accontenta, che vuole sempre di più e che ci mette il suo impegno per cerca di far andare le cose come desidera.
A volte ci riesco, altre ci sono eventi molto al di sopra di me che mi schiacciano e che nonostante siano ormai segnati e scritti, non voglio accettarli (e non so se è la testa o il cuore a dirmelo).
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E’ più forte di me e più vado avanti e più mi faccio grande e più mi rendo conto che ci sono dei limiti in me che non sono in grado di superare, che non è tutto come quando guardavo da più piccolo i cartoni animati: non sono l’eroe che con la sua forza riesce a sbaragliare ogni pericolo; non sono quella storia in cui, alla fine, l’amore è lineare e termina con il più dei classici “…e vissero felici e contenti”.
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E’ solo un anno, uno di quelli che avevo visto come il sole che squarcia i cieli e fa emergere il sereno e, che invece è nello standar di tanti, né più né meno delle vite che mi accompagno di fianco.
Un anno da mettersi alle spalle, nella sacca dei ricordi perché a dimenticare siamo tutti un pò stitici.
Un anno ormai lontano da quello che eri e che già ha iniziato a prendere polvere nell’archivio del passato.
