Un pensiero in meno

Un pensiero in meno a cui non dover badare; un pensiero in meno da sostenere; un pensiero in meno di cui non ti devi più preoccupare.
Queste sono le prime cose che mi sono venute in mente, seguite dal dispiacere che non ne hai potuto fare parte, tu, che forse tra tutti hai vissuto quella notizia come una lama che ti asportava una parte di te, l’altra tua metà.

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Oggi eravamo in tre ma a me piace pensare che fossimo 3+1 anche se ancora quanto mi fa male quando si va fuori a mangiare e, alla domanda “Quanti siete?”, dover rispondere “Siamo in tre”. Oggi ci dovevi essere, sia come presenza che come uditore; dovevi essere lì a sentire l’esito e toglierti dal petto quel peso che non ti ha permesso più di respirare.

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Non parlo di ingiustizia perché sarei davvero troppo egoista verso chi davvero le ingiustizie le ha subìte ma di dispiacere, un dispiacere personale perché sono convinto che te lo meritavi in tutto quel tuo andirivieni, in quel tuo darti per la famiglia senza lamentarti, avresti meritato di ricevere l’unica notizia che avrebbe potuto alleviarti e alleggerirti.

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E’ un mio difetto, questo lo so, di pensare a quello che avrebbe potuto essere e non a quello che è; a quello che manca, piuttosto a quello che c’è ancora. La felicità -che in realtà è la prima cosa che mi sarebbe dovuta sgorgare dentro- non l’ho ancora provata e né tantomeno me la sono goduta, tanto la mia mente ha iniziato a ragionare ed andare altrove. Eppure c’è da gioire perché è un peso che anche per me si è tolto -nonostante stia sempre sul chi-va-là– ma almeno posso essere contento per lei, che da ora in poi andrà solo che a migliorare.

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Un pensiero in meno tra questi pensieri spari è tanta roba, dopo quasi due anni di dolori, di dispiaceri, di futuri incerti e presenti scricchiolanti. Un pensiero da mettere nel cassetto delle cose da non rivivere e ripensare. Quel pensiero che continua a farmi sospirare e mi rende inquieto.

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