Ti ho sognato ed è stato strano
Ti ho sognato ed è stato strano ma la stranezza non era nel sogno perché quella è una costante che mi appartiene.
La stranezza è stata proprio l’averti nuovamente accanto come se non fosse mai successo niente, come se per un attimo tutto fosse tornato a come il cuore vorrebbe ancora.
Era come è sempre stato: io che ti guardo da lontano e ti osservo e tu che vivi la tua vita, proseguendo come se lo scorrere del tempo non ti appartenesse, in quell’apparente patina di immortalità con cui i figli avvolgono i propri genitori.
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Eri lì, indaffarato come tuo solito, nel mentre che aiutavi il prossimo con quel tuo modo di fare silente e non invadente. Non so dire quanto in realtà sia durato ma la scena perpetuava in quel mio osservarti senza sapere se tu fossi conscio della mia presenza o meno; la sensazione di essere vicino e lontano nello stesso momento, un pubblico non pagante, un dietro le quinte grazie ad un pass VIP rimediato di straforo.
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Ricordo sempre e solo frammenti dei miei sogni, al massimo qualche sensazione che poi mi rimane addosso anche dopo il risveglio e che mi accompagna per il resto della giornata, contaminando il mio stato d’animo.
Ricordo che eri lì ad aiutare e subito dopo sei finito in un diverbio dove ti incolpavano di qualcosa e tu stavi zitto, senza dire nulla.
Ecco, la tua voce è mancata. Forse perché non la ricordo e quindi la mia mente non è riuscita ad elaborarla o semplicemente perché parlavi poco di tuo e quindi non ho pensato servisse farmela sentire -mento, mi manca non sentirla, un sacco davvero.
Non hai detto nulla, nemmeno quando mi sono messo in mezzo per difenderti perché seppur tuo figlio, sono sempre stato pronto a mettermi davanti per difendere la mia famiglia, a proteggerla.
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Altro frame in cui ero ancora agitato e mia madre ti diceva di portarmi via e tu, sempre senza dire nulla, prendevi e ti avviavi. Io sempre dietro, a guardare la tua figura di spalle, senza mai raggiungerti, con le gambe che non so come mai erano atrofizzate, non riuscendo a camminare bene.
Io che mi sforzo nell’incedere per poterti raggiungere senza mai riuscirci e tu che sembri sempre troppo lontano; magari perché non è ancora il momento che io arrivi dove tu ora stai o perché tu hai vissuto più di me e quel divario che ci separava è quel margine che io ancora devo vivere e mi stavi tacitamento suggerendo che devo farlo.
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La scena cambia nuovamente e tu sei sul divano in salone, il tuo solito posto, mentre ti corichi su di un fianco, socchiudendo gli occhi per andare a riposarti. Finalmente vedo il tuo viso ed è sereno ed io mi sveglio con un buco nel cuore che so che non riuscirò mai a colmare.
Grazie di essere passato da me, Pà.