Il suono di un addio

Che suono ha un addio? Voi ve lo sapreste spiegare? Ve lo siete mai chiesti? Avete mai riflettuto su ciò che accade alla notizia di un addio e ai successivi momenti? Troppe domande? Ad averne almeno una di risposta, in questo caso.

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Alla venuta di un addio ho sempre un vuoto che mi pervade, una sensazione che arriva molto prima che l’informazione venga elaborata dalla mente. Sono attimi ma prima che tu possa domandarti “Perché?”, tutto sta già succedendo: mi sento stanco, svuotato dall’interno come se gettaste un sasso di medie dimensioni dentro un pozzo ormai in disuso, dove l’unica acqua esistente è quella dell’umidità generata dalle sue pareti.

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Un tonfo, un peso, un dispiacere, le lacrime, la mancanza di aria, la testa che gira, le parole che non escono, al contrario delle lacrime che fiottano prive di controllo. I sospiri, la vista che si appanna così come la lucidità. Il rumore che si fa silenzio ed il silenzio che diventa il rumore più assordante a cui si è mai stati sottoposti. Le gambe tremano e mancano della forza di sorreggere un corpo che improvvisamente si è fatto troppo pesante da far rimanere eretto, in piedi. Vorresti crollare, lasciarti sprofondare, inghiottito dentro quella terra da cui si dice che siamo nati e a cui -un giorno- dovremmo ritornare.

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Il sasso di prima, diventato poi masso -in alcuni casi, anche macigno- inizialmente pesa sullo stomaco. Ma la sua pesantezza è cava perché non c’è nulla dentro, come non rimane più nulla in noi; tutto prende una leggerezza inaspettata, insospettata. Si trasforma: cambia forma, peso e posizione. Ora è in testa, un piccolo sassolino, di quelli che, quando cammini per strada, ti rimane incastrato nella suola delle scarpe. C’è solo lui nella testa a rotolare a seconda dei movimenti che si compiono con il capo.

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Inerzia. Ti manda avanti solo quella, insieme alla coscienza e al dovere ma non sei tu. Non puoi essere tu che fai le cose, che le decidi o che le vuoi. Te ne renderai conto dopo e ti chiederai come sia stato possibile.

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Ma queste sono cose che si sanno, che si sono in qualche modo vissute, sia in prima persona che in modo indiretto. Sono come le cicatrici che più ne hai e meno ti stupisci di ritrovartene di nuove. Quello che non si sa, che non so spiegare è questo maledetto suono che un addio ha. Può avere un suono un addio? Perché sto cercando proprio di capire quale sia o quale possa essere la vibrazione di un qualcosa che non ha corpo ma che proprio sul corpo e sulla mente ha effetto?

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Forse perché il suono non è altro che una vibrazione generata dall’oscillazione di un corpo che poi va a propagarsi nell’aria e quindi intorno a noi. E se non c’è aria? Se non c’è corrente per creare un nuovo ricircolo? Allora è per questo motivo che tale suono, insieme a questo addio, poi rimane per lungo tempo addosso a noi e a chi ci sta vicino. E ci fa rimanere così: con una domanda che mancherà di avere la sua risposta; la stessa mancanza che, dal suo avvento, ci accompagnerà fino alla fine di noi stessi.

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