Ho sempre creduto tu fossi immortale

Ti ho sempre creduto immortale o almeno così speravo e mi ripetevo dentro di me. Avevo iniziato a pensare a questo giorno, a come sarebbe stato e come l’avrei presa. Mi sono maledetto per aver fatto pensieri del genere eppure, nel mio profondo, sapevo che era un evento dal quale nemmeno tu saresti potuto scappare. Ti ho voluto fortemente, preso da queste scelte adolescenziali che oggi mi farebbero riflettere giorni e giorni; contro tutto e tutti, senza dire nulla ti sei fatto amare in ogni casa in cui sei andato. Da che non ti si poteva vedere, al fatto che se mancavo io nessuno avrebbe chiesto ma se non c’eri tu, la prima domanda quando varcavo la soglia di casa era “Ma Leo dov’è?”. Già, il nome, Leo, Leonida. Era il periodo dell’uscita del film “300” dove si narravano le epiche gesta del generale Leonida e dei suoi 300 spartani, nella battaglia delle Termopili.

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Un nome importante, dal significato altisonante, un cane enorme, chissà quanto cattivo e violento. Macché! Un piccolo cucciolo di American Staffordshire Terrier (Amstaff ) che stava nel palmo della mia mano, con poco più di un mese di vita. Un frelloccone che si faceva fare di tutto e che ce le prendeva dai cani più piccoli e, all’apparenza, innocenti. Eri forte e avevi un grande senso di protezione per quella che avevi reputato fosse la tua famiglia e nessuno mi potrà mai togliere dalla testa che la scelta che feci 13 anni fa, ti ha salvato da un cassonetto o anche peggio, come è stato per alcuni tuoi fratelli. Certezza di questo non l’avrò mai ma sicuramente l’averti avuto nella mia vita è stata una delle scelte più giuste, della quale non ho rimpianti.

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Non ti ho avuto per tanto tempo ed ho dovuto fare scelte che hanno fatto male a me stesso, consapevole però di lasciarti ad una persona che ti ha riempito di tutte le attenzioni e dell’amore che forse nemmeno io sarei stato capace di darti in tutto il tempo che hai vissuto. Eppure i momenti condivisi sono stati tantissimi, così come i sacrifici iniziali in cui dovevo farti accettare in casa: le alzate all’alba a ripulire tutta la camera dei tuoi bisogni che pensavi bene di dover spargere in ogni dove fuorché sui tappetini assorbenti che avevo sparpagliato per il pavimento; andare a lavoro e avere la testa a te, sperando tu non facessi troppi casini in mia assenza e sentire così le lamentele dei miei; il pendolarismo tra una casa e l’altra nemmeno fossi il figlio di una coppia separata; quella notte atroce che mi feci fare in bianco, accompagnato dalla paura che tutto finisse così presto, in cui ti stetti vicino mentre soffrivi e cercavi di non darlo a vedere; i viaggi, il cercare posti dove tu fossi il ben accetto; l’incentrare le scelte in base a te; il campo di addestramento.

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E poi c’è stata quella volta in cui mi hai spezzato il cuore manco fossi l’amore della mia vita e quasi mi sento sciocco nel dirlo ma è stato così. Dopo anni ti ho voluto rivedere, proprio come si fa con una ex, perché mi mancavi, perché non c’è stato un altro cane dopo di te e ancora oggi ho fatica a farlo, perché volevo vedere se ancora ti ricordassi di me. Ma la vita è davvero amara ed i sogni spesso non combaciano con le aspettative e tutte quelle favole che ci raccontiamo in testa. Stavi lì, nel tuo spazio ed io sono entrato, lo ricordo perfettamente, mi sei passato vicino e…non mi hai cagato di striscio! Limortacci tua e della romanità che mi fai uscire! Mi hai fatto sentire un emerito coglione, un coglione orgoglioso perché col cavolo che ho cercato di non darlo a vedere ma dentro sentii una fitta che mi fece male più di tutti i dolori che ho avuto e che, ancora oggi, non potrò dimenticare.

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Avevi occhi per una persona sola, si era creato un binomio dove non c’era più spazio per nessun altro ed era bello, cavolo se lo era però a me faceva male perché non c’ero più io. Mi sono detto che andava bene così ma quante te ne ho detto però, perché sono sì orgoglioso ma anche molto rosicone. Ti ho fatto delle foto, volevo dei ricordi nuovi, volevo vedere come il tempo avesse scritto la sua firma anche su di te. Un tempo che per quanto possa sembrare ampio, è troppo corto per vedere il tuo percorso già al termine.

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Lo avevo detto: non volevo pensarci anche se giorni fa sono andato a vedere se c’eri ancora nelle foto, se stati bene e se ti eri invecchiato. Cavolo se lo eri: i peli bianchi avevano preso prepotentemente posto sul tuo muso e mi ha fatto un pò brutto perché la vecchiaia non lascia scampo a nessuno, così come le malattie. Però avevi ancora quello sguardo vispo della prima volta che ti presi nella mia mano e questo mi faceva capire che stessi bene.

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Poi oggi, quel messaggio. Mi sono fermato e, senza accorgermene, piangevo come un bambino. Singhiozzavo e non riuscivo a fermarmi. Dicevo solo “no…no…no…” nel vuoto che la notizia ha lasciato. Non sei più mio, non lo sei da tanto tempo eppure per me lo rimarrai per sempre perché sei stato parte della mia vita, sei stato il mio cane, il mio “amico a 4 zampe”, sei stato la condivisione di un amore adolescenziale, sei stato gioia e dolore, sei stato qualcosa che ha unito e diviso, sei stato qualcosa che non ho sostituito. E cazzo, sto parlando di un cane e non ti un essere umano ma che ci posso fare se anche adesso che lo scrivo, io piango come un fiume che ha rotto il suo argine e sgorga acqua in modo incontrollato?

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Non sei solo mio. Sei di tutte quelle persone che ti hanno dato amore e attenzione. Io però voglio ricordarti nei momenti in cui il binomio siamo stati noi. Ancora oggi, quando la gente vede casa ed il giardino, la frase che esce è sempre la stessa “Ma qui un cane ci starebbe proprio bene” ed io ogni volta rispondo con “Eh..” che significa tutto e allo stesso tempo niente. Quella casa e quello spazio che tu non hai visto mai e che io avevo pensato, al tempo, per te. Dove ti avevo immaginato scorrazzare libero, tuffarti in piscina e sorriderne al pensiero. Quello spazio dove ti portai quando ancora non c’era nulla e dove tu mi hai fatto prendere un colpo, scappando per un’interminabile distesa verde.

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Non riesco a smettere di scrivere ma so che un punto lo devo mettere perché questo ciclo purtroppo si è concluso. Il cerchio si è chiuso ed io non voglio ammetterlo perché fa male. Oggi è un giorno brutto, il giorno che non avrei voluto che arrivasse. Ciao e basta, la chiudo qui.

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