Non sono mai stato il migliore in qualcosa

Non sono mai stato il migliore in qualcosa anche se per molto tempo, soprattutto da piccolo, ho sempre sognato di esserlo o che -prima o poi- lo sarei diventato. Penso che sia un desiderio comune un pò a tutti questo, quello di eccellere nelle cose che ci si presta a fare, dove si mette passione, dedizione e impegno. Il desiderio di scalare una vetta, di essere il primo e non solo: il primo tra i primi; il punto di riferimento su cui basarsi, su cui fare affidamento e da prendere come esempio.

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Non mi è mai bastato essere “bravo” in qualcosa, lo reputavo come un qualcosa di normale, ordinario, comune. Io volevo spiccare, emergere, essere “il più” tra tutti quelli che mi circondavano; quello da tenere sott’occhio (e diciamo che sotto molti aspetti lo sono stato ma questa è un’altra rocambolesca storia), da temere seppur in maniera agonistica. Lo volevo per soddisfazione personale, è chiaro ma anche perché ho sempre adorato il confronto, il rapportarmi a qualcuno che potesse essere -almeno in apparenza- migliore di me; infatti non mi rapportavo mai con qualcuno dove sapevo che avrei avuto la meglio a prescindere, indipendentemente dal contesto. Cercavo “avversari” che spesso erano fuori dalla mia portata ma che mi spronavano a dover far meglio, a dover dar il meglio di me e superarmi per superarli. Tutto questo lo cercavo già a 6-7 anni, quindi parliamo di una vita a rincorrere sogni e chimere quasi mai afferrate.

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Non sono mai stato il migliore ma sono diventato quello che non si è mai arreso, spesso anche di fronte all’evidenza della propria impotenza o incapacità. Testardo e ottuso, perché no, un mulo che avanza a testa bassa senza badare alle conseguenze; il classico protagonista sfigato dei cartoni animati che tutti noi abbiamo amato (io continuo ad amarli tutt’ora).

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Ho provato un pò di tutto, perché tutto mi è sempre piaciuto fare, vista la mia incapacità di stare fermo: dalla matematica allo sport, dal canto all’informatica, passando per la scrittura e la fotografia, fino anche alla seduzione e alla conoscenza del proprio essere. In alcuni ambiti sono riuscito ad essere “uno tra i più” che, per carità, non è un traguardo da buttar via ma per chi come me non si accontenta mai, anche quello non era abbastanza.

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Sono sempre stato atleticamente portato ma eccellente in niente. Una mediocrità, diciamo, forse arrivavo al discreto ma come me “ce ne sono tanti” e quindi uno valeva l’altro, piuttosto che scegliere me. Poi ci sono stati ambiti dove ero e sono stato una pippa allucinante eh, tipo il basket o anche il calcio dove però, come si dice “a forza di insistere qualcosa ne viene fuori…”. La classica cometa che passa, prende attenzione per quei posti istanti in cui è presente nel cielo e poi viene dimenticata subito dopo che la sua scia ha finito di disegnare la traiettoria tra le stelle.

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Forse l’unica cosa in cui sono davvero bravo è recuperare dagli infortuni, come spesso mi dice il mio fisioterapista “sei nato per la riabilitazione” ed io ogni volta risponto che forse sono nato per farmi male e tutto sommato magari sono vere entrambe. A questo però è riconducibile anche il concetto di non arrendersi mai, di non gettare mai la spugna e di credere sempre in un dopo anche migliore del prima.

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Non sono mai stato il migliore e, crescendo, ho anche smesso di volerlo essere, imparando così ad essere solo migliore di quel che sono stato (quantomeno impegnandomi per riuscirci). Facendo solo quello che realmente ho piacere e voglia di fare, facendolo nel miglior modo possibile -sempre ponendomi obiettivi elevati da raggiungere- dove però l’unico avversario con cui mi scontro è il vecchio me.

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Potrebbe sembrare una resa questa, una sconfitta personale rispetto alla vita che ho vissuto prima ma poi ho appreso che tutto quello che facevo, come lo facevo, non era completamente per me stesso ma per gli, per farmi accettare, apprezzare dal prossimo. Se sei il migliore in qualcosa sei anche ben visto, è scontato no? Addirittura ci viene anche da simpatizzare per il “super cattivo” proprio perché è il top della cattiveria ma qualcuno ha mai patteggiato per la mezza sega o il mediocre? Magari lo si fa per tenerezza ma di certo è difficile pensare qualcosa che dica “voglio essere nella media come lui!” ahhhh che aspirazione! Ironia a parte, il concetto che volevo far arrivare è abbastanza chiaro.

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C’è stato un punto, un momento -e di questo ne sono molto fiero- in cui mi sono sentito di stare sul tetto di qualcosa, svettando al di sopra degli altri ma arrivandoci solo per me stesso, per mia volontà e impegno: quando sono diventato cintura nera nello stile di kung fu che pratico ormai da quasi 20 anni. Quello è stato un momento che rimarrà impresso nella mia testa fino a che ne avrò memoria. Non si tratta solamente dell’obiettivo ma di come l’ho raggiunto: pensate ad un attimo a ragazzino che da sempre arrivava terzo o quarto nelle cose, dove alle verifiche era al massimo sul 7/7,5, che spesso si è dovuto sedere in panchina o che si è visto scegliere altri a lui.

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Immaginatevi questo quadro generale e poi trasportatelo in cui contesto a lui del tutto nuovo e sconosciuto, dove non solo raggiunge un traguardo circoscritto a pochi, ai più meritevoli ma anche dove il punteggio assegnatogli non solo era il massimo ma lo superava: la lode. Cioè, anche adesso che lo scrivo mi emoziono perché, lo so, è solo un numero ma è quel numero a cui non sei abituato, che hai visto scritto su altri fogli che non fossero il tuo. Poi non parliamo delle lodi spese dai propri Maestri per ciò che hai mostrato, insomma, tutta la fatica di anni e anni, racchiuse in quel momento. Ecco che cosa significa quel numero ed è per questo motivo e per attimi come quello appena descritto che non mi importa più di essere il migliore ma sicuramente vorrò sempre essere quello che non molla mai e che da terra si rialza per essere più forte di prima.

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