Cosa ci spinge a scrivere ad una persona

Cosa ci spinge a scrivere a qualcuno, a volerlo sentire, ad entrarci in contatto, a condividere e lasciarci condividere parte della reciproca vita?
Cosa significa poter interagire ed entrare in contatto con un’altra persona, conoscere le sue abitudini, i suoi modi di porsi, di rispondere; il come, il quando, il perché di determinati cambiamenti.

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E’ davvero così semplice lasciar entrare qualcuno nella propria vita, anche se in modo apparentemente marginale e poi, con la stessa facilità, escluderlo e proseguire?
I social, internet ancor prima di essi, permette di abbattere quelle che sono le normali barriere che si potrebbero incontrare nel doversi approcciare in modo fisico e reale con qualcuno. Non c’è il contatto visivo, si elimina il tempo di reazione e quindi anche quelle che possono essere le “scelte sbagliate” che si possono prendere in un istante.
Sicuramente aiuta chi magari non avrebbe interesse/coraggio per “lanciarsi” in una conversazione ma allo stesso tempo questa facilità è espressa anche nella misura in cui si può chiudere tutto, così come lo si è aperto.

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Un tempo ( e qui sembra che io parli di centinaia di anni fa) l’entrare in contatto con qualcuno precludeva dei presupposti che potessero essere canoni di bellezza, modi di fare o addirittura anche il contesto in cui ci si poteva trovare. Si analizzavano più e più fattori fino ad arrivare ad una conclusione che pesasse più a favore che non. Adesso è molto più facile, molto più immediato e -in un certo senso- ha anche meno responsabilità.
Ma è davvero così?

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Io credo che anche se si abbia l’ausilio di strumenti che ci permettano di abbattere barriere e distanze, di fondo ci sia sempre una sorta di “selezione” di elementi, tali per cui si decida di voler scrivere a qualcuno, sia che esso si tratti di una conoscenza o di un completo sconosciuto.
Ma se non abbiamo elementi come l’odore, il feeling che a pelle si prova stando in presenza di qualcuno o semplicemente i dettagli del gesticolare, cosa ci spinge a dire “scrivo a questo, piuttosto che a quello”?

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Usiamo la mente, le ideologie, anche un pò di fantasia, perché no. Cerchiamo di attivare i nostri sensori più profondi, incappando anche nell’idolatria di questa nuova figura o idealizzandola. Il rischio? E’ che poi quando tutto questo costrutto virtuale decade a favore dell’incontro e approccio fisico, la fantasia si scontra con la realtà; le proiezioni mentali non combaciano, le aspettative non sono all’altezza e non ti resta altro che cosa fare? Togliere tutto? Fare un passo indietro dopo averne fatti dieci avanti?

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L’unica cosa che per me rimarrà un limite e non potrà mai essere sostituita sono i gesti del corpo: quei piccoli atteggiamenti che, se letti bene, ti consegnano il significato nascosto dietro a parole che mascherano per protezione le nostre vere intenzioni. Quello in una conversazione scritta non potrà mai essere sostituito e che, per scritto appunto, ci darà sempre un pelo di diffidenza in quello che leggiamo.

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Io dico sempre che il porsi le domande, il farsi dei problemi è indice di sensibilità e intelligenza ma questo non ci esula da errori e sbagli, magari reiterati. Mettiamoci anche un pizzico di esperienza, di anni sulle spalle e tutto si complica, la diffidenza aumenta, il cuore è più protetto tra strati e strati di pessimismo fino a che non arrivi un giorno e decidi di prenderlo e lanciarlo comunque perché un cuore ha bisogno di ossigeno, di spazio e di calore.

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Quindi, cosa ci spinge a scrivere ad una persona se non la necessità di non voler perdere il contatto con il prossimo, con noi stessi; la voglia di mettersi costantemente in gioco, la soddisfazione di aver arricchito la propria vita e l’aver arricchito la propria anima con persone di spessore.

Cosa ci spinge a scrivere ad una persona

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