Un groviglio di pensieri

Quando si lascia passare troppo tempo, nella testa, si forma un groviglio di pensieri.
E’ come un ammasso di cose sconclusionate in cui non riesci a capire quale capo combacia con la propria fine.
Il classico momento di quando metti la mano in tasca o nella borsa per prendere le cuffie e, tirandole fuori, peschi letteralmente altre mille cose ritrovandoti così in mano una massa informe di cose che tra loro non c’azzeccano nulla e -ovviamente- non ti resta che sbrogliare la matassa per riuscire a prendere quel che cercavi inizialmente.

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Spesso la svogliatezza, la stanchezza sono più grandi del voler raggiungere l’obiettivo; oppure è la pazienza che termina prima e l’esasperazione a salire. In qualsiasi cosa, l’azione successiva è desistere, pensare “ok, poi a casa sistemo” e rimani lì, tra il rumore del tuo intorno, che si accavalla, si mescola e non ti permette di isolarti, di stare/entrare nel tuo mondo. Sei obbligato a sentire quello che avviene, che ti circonda, senza vie di fuga.

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Io adesso ho questo groviglio che più volte ho tirato fuori, osservato, studiato anche, come se fosse un cubo di Rubik dove la strategia è la base iniziale da cui partire, prima di lanciarsi nella sfida.
Ogni volta che lo tiravo fuori era sempre più grosso, più informe, più confuso e fastidioso; sì, fastidioso è il termine giusto perché è così che sono composti di pensieri che abbiamo tutti noi in testa, quelli che lasci lì proprio perché il risolverli non portano che altro fastidio e altri pensieri, anch’essi fastidiosi.

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Lo sto osservando e pian piano sto dipanando gli intrecci per tirarne fuori, uno ad uno, i pensieri che lo compongono. Non sarà oggi il giorno in cui terminerò ma è quello in cui libererò alcuni di essi e li metterò a terra, fuori da questo spazio ormai diventato angusto che è la mia testa.

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Ne prendo uno, lo guardo e nemmeno mi rendo più a quale periodo è connesso; troppo vecchio per essere analizzato? Forse ma il sentimento è ancora vivo altrimenti non avrebbe creato quel fastidio menzionato prima. Un altro ancora, questo lo ricordo ed il fastidio è nel non sapere come trovare una risposta che possa soddisfarlo. E si continua, uno ad uno, pensiero dopo pensiero e le giornate passano, il tempo perde di consistenza come il lavoro che sto facendo.

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Mi fermo, ne riguardo alcuni e le risposte non arrivano, al contrario delle domande che si accumulano. Via, mettiamole nel cestino perché tanto non sarò io a salvare il mondo e le persone; io al massimo riesco a farmi sopravvivere fino a che avrò qualcosa da dare e condividere.

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Si alza l’asticella allo stesso modo di come lo si fa nel salto in alto: si imposta un’altezza da superare e, turno dopo turno, gli atleti si susseguono per cimentarsi nella sfida; i più forti e capaci vanno avanti, quelli che invece non erano all’altezza o hanno mollato prima, sono stati scartati. Nella finale si combatte non più per la sola altezza, anzi, succede che il vincitore -nonostante sia già stato proclamato e acclamato- rimanga da solo in pista a lottare contro sé stesso e contro il suo obiettivo che lui stesso si è imposto: il record. E nemmeno raggiungere quello lo appaga perché alla prossima gara non sarà solo quello da battere ma, lui per primo, dovrà -di volta in volta- confermare che è il migliore e che è ancora lì.

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Io non sono l’atleta e nemmeno l’asta, io sono chi osserva la competizione e imposta quell’asticella perché sono io che voglio sempre di più dalle persone, che voglio che siano più di quello che ho già avuto e che mi è bastato fino al momento in cui hanno deciso che si poteva smettere di lottare. Chi osserva non può sapere a fondo quanti sforzi e sacrifici possa aver fatto l’atleta per arrivare fin lì, né le motivazioni di alcuni abbandoni ma è pur vero che chi osserva e imposta alcune “regole” non è nemmeno tenuto a dover sapere tutto perché la scelta di partecipare è libera, così come quella di lasciare e quando ci si mette in gioco, non lo si fa per essere compatito o compreso ma per vincere perché il partecipare è importante solo per i detti, alla fine dei giochi ci si ricorda solo dei vincitori; quelli che per natura sono ostinati, forti di cuore che poi lo danno fino in fondo senza aspettarsi o pretendere un ritorno che sia anche di tipo materiale.

un groviglio di pensieri
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